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L'insegnamento non può fermarsi alle ore di lezioni in classe.

Compito del docente è quello di accompagnare gli allievi nella formazione della persona e ciò può essere possibile solo in un tempo dilatato, per un'educazione permanente (C.C.E., 2001).

Il concetto di educazione permanente indica che si apprende in differenti contesti formali, informali, e non formali: non solo a scuola, ma anche nella rete web.

sabato 8 novembre 2014

LA SCUOLA SICILIANA






In Italia, la Scuola Siciliana si sviluppò tra il 1230 ed il 1250 presso la corte itinerante di Federico II di Svevia (dinastia degli Hohenstaufen), imperatore del Sacro Romano Impero (1211), re di Sicilia (1198) e re di Gerusalemme (1225). Egli stabilì la sua corte in Sicilia, luogo d’incontro e fusione di molte culture per la sua centralità nel Mediterraneo, dove creò una scuola di poeti ed intellettuali che ruotavano intorno alla sua figura, ed erano parte integrante della sua corte.

La lingua in cui i documenti della Scuola Siciliana sono espressi è il “Siciliano Illustre”, è una lingua nobilitata dal continuo raffronto con le lingue auliche del tempo: il latino ed il provenzale (lingua d'oc, diversa dal francese che si chiama invece lingua d'oil).

I poeti Siciliani contribuirono in modo significativo al patrimonio letterario italiano. Federico II, uomo di grande cultura anche linguistica, intendeva avvalersi di ogni possibile mezzo per stabilire la sua supremazia sull'Italia, e in Europa. A questo fine attuò una politica strumentale, anche nel campo culturale. Con la Scuola Siciliana egli volle creare una nuova poesia che fosse laica, e si potesse così contrapporre al predominio culturale che la Chiesa aveva nel periodo, non municipale, da opporsi alla produzione poetica comunale (l'imperatore era in lotta con i comuni) e aristocratica, che ruotasse, cioè, intorno alla sua figura.

I poeti di questa corrente letteraria appartenevano all'alta borghesia, ed erano tutti funzionari di corte, o burocrati, che lavoravano presso la corte di Federico. Importante rilevare che tutti erano impegnati in attività e funzioni di organizzazione, di cancelleria, di amministrazione. La produzione poetica era riservata alla libertà dello spirito e non costituiva un lavoro o una funzione. In questo senso, la Scuola Siciliana fu un tentativo di realizzare una cultura universale e spirituale, nel rispetto delle religioni, ma senza condizionamenti né, tanto meno, subordinazione. Non a caso uno dei castelli più importanti della casa di Svevia (Castello di Weibling) ha il nome da cui deriva l'etimologia del termine "ghibellino"[2].

Questo gruppo di poeti scrivevano in volgare meridionale. Tra i maggiori esponenti della scuola siciliana furono: Giacomo da Lentini, considerato anche il caposcuola, Odo delle Colonne, Guido delle Colonne, Pier della Vigna.

Alla scuola poetica siciliana ed al suo caposcuola si deve l'invenzione di una nuova metrica, denominata il sonetto. 
Il sonetto è un breve componimento poetico, tipico soprattutto della letteratura italiana, il cui nome deriva dal provenzale sonet (suono, melodia) che si riferiva in genere a una canzone con l'accompagnamento della musica. 
Nella sua forma tipica, è composto da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine ("fronte") a rima alternata o incrociata e in due terzine ("sirma") a rima varia. 
I componimenti dei poeti della Scuola si datano nel ventennio compreso tra il 1230 ed il 1250, con un chiaro influsso sulla produzione culturale delle città ghibelline dell'Italia centrale (come per esempio Bologna, città dove visse Guido Guinizzelli, padre del Dolce Stil Novo, influenzato dalla scuola Siciliana).

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