Accrescimento patrimoniale,
alleanza politica, scalata sociale: a questo mirava il contratto
matrimoniale nell’età moderna, mentre l’Amore, declamato dai poeti e
cantato dai musici, non era considerato fondamentale nell’unione
coniugale. Spesso i futuri sposi non si conoscevano nemmeno prima del
matrimonio e, anche dopo le nozze, pur condividendo il talamo ed essendo
sottoposti all’obbligo di generare una discendenza “sana e forte”,
avrebbero condotto vite sentimentali parallele, sfacciate nel caso degli
uomini, clandestine nel caso delle donne.
Del pragmatismo che governava le relazioni
matrimoniali non vi è però traccia nei dipinti che venivano
commissionati agli artisti in occasione dei matrimoni.
Gli oggetti e i soggetti
Per celebrare le nozze era
pratica abbastanza diffusa quella di commissionare i ritratti dei
coniugi. Inoltre, sin dal XV secolo, soggetti a tema amoroso decoravano
la dote e gli arredi dell’alcova (cassoni nuziali, spalliere dei letti,
deschi da parto). Nel corso del Rinascimento, il deciso apprezzamento
per queste iconografie determina il loro affrancamento dalla
destinazione d’arredo e le nobilita a soggetti autonomi di opere
pittoriche. Venere, dea della bellezza e dell’amore, diventa così
protagonista della narrazione mitologica dei propri amori e soggetto
principale del dipinto, a cui non si chiede più soltanto di raccontare
una storia, ma di intrecciare con il suo possessore un eterno gioco di
seduzione. Accompagnata da Cupido, dai suoi vari amanti, o tutta sola
intenta alla toletta, Venere diviene soggetto di una pittura tipicamente
poetica, che trova ispirazione nelle liriche di età latina ed
ellenistica e che rinnova nel Rinascimento il buon auspicio per la
fertilità e la fortuna della coppia.
I dipinti mitologici di Tiziano
La raffinata committenza, lagunare prima e imperiale poi, richiede a Tiziano diverse opere a tema amoroso.
Tiziano Vecellio, “Venere allo specchio”. Washington, National Gallery of Art (via Wikipedia) |
Una formula iconografica di
grande successo, testimoniato dalle numerose tele con varianti prodotte
dalla bottega, è la discinta Venere allo Specchio di Washington,
ritratta mentre ammira il proprio riflesso nello specchio. Venere,
nella tipica posa del pudore femminile, ricorda la statua romana della Venus Pudica,
appartenuta ai Medici e oggi conservata gli Uffizi. Tiziano, prendendo
ispirazione da quel modello antico, ha poi realizzato un’immagine di
calda sensualità attraverso l’uso della luce e la fragranza del colore.
Sempre Venere è
protagonista di una serie di opere eseguite su commissione di Filippo II
di Spagna, in cui l’amore mitologico della dea e di Adone diventa una
meditazione sulla forza sovrumana delle passioni e sulle loro tragiche
conseguenze per l’esistenza.
Tiziano Vecellio, Venere e Adone. Madrid, Museo del Prado (via Wikipedia) |
La tela conservata al Prado illustra il momento in cui Adone abbandona
l’amata Venere. La dea, nonostante sia ritratta in un nudo voluttuoso,
probabilmente ispirato nella posa alla serie di rilievi antichi noti nel
Rinascimento come Letto di Policleto, non riesce a dissuadere Adone
dall’assecondare la sua passione per la caccia, che gli risulterà
fatale. La caccia diviene qui, come in altre opere di Tiziano, una
metafora della vita umana peregrinante e soggetta al capriccio del caso e
delle passioni. Anche questo soggetto si rivelerà un’invenzione
acclamata dalla committenza, come attestano le numerose opere a noi
pervenute e prodotte in copia dalla stessa bottega tizianesca.
Tiziano Vecellio, Venere con organista e Cupido. Madrid, Museo del Prado (via Wikipedia) |
Di diverso accento sono i
dipinti di Tiziano sul tema della Venere con organista. Nel soggetto
sfacciatamente erotico l’immagine di Venere si offre allo sguardo del
musico in tutta la sua bellezza, invitando implicitamente l’osservatore,
anch’egli sedotto, a partecipare a questo gioco di seduzione. La
sensualità si sprigiona dalla morbidezza del nudo femminile e dalla
lucentezza del panno di velluto rosso sul letto. Nel giardino
rinascimentale sullo sfondo gli episodi raccontati – una coppia di
innamorati e dei cerbiatti impegnati in un combattimento amoroso –
chiudono il cerchio dei significati simbolici del dipinto. L’organista,
che in questo dipinto ha l’effigie di Filippo II, è completamente
sedotto dalla bellezza sensuale della dea. Il dipinto era collocato
negli appartamenti del re per non suscitare in pubblico peccaminosi
pensieri che andavano assaporati in privato e non incrinare l’immagine
del sovrano, difensore della fede postridentina e noto per la
morigeratezza dei costumi.
Anche la Flora, sempre opera di Tiziano,
offriva al suo fortunato possessore la vista di una donna bellissima e
castamente sensuale, che lo lusingava con profferte di rose e la
promessa dell’estasi derivante dalla sua contemplazione. È certo che
dipinti come questo abbiano avuto un mercato fiorente proprio come dono
matrimoniale benaugurale, e il fatto che ce ne sia pervenuto solo un
numero esiguo denuncia solo la pesante epurazione post tridentina e
puritana che si è abbattuta su di essi.
Clicca qui per vedere un video che offre una panoramica sulla produzione di Tiziano
Lorenzo Lotto e i ritratti nuziali
Una committenza
completamente diversa orienta la produzione di Lorenzo Lotto. Il pittore
sceglie infatti di operare sul mercato periferico dei territori della
Serenissima, un territorio che si connota per un collezionismo più
austero rispetto ai fasti e alle esuberanze veneziane. Con alcune coppie
di ritratti nuziali, Lotto si cimenta in una tipologia non molto
diffusa in Italia, prendendo forse a modello qualche esempio nordico,
probabilmente noto al pittore attraverso incisioni.
Lorenzo Lotto, Ritratto di Marsilio Cassotti e della sua sposa Faustina. Madrid, Museo del Prado (via Wikipedia) |
Oltre al ritratto in coppia, come il precedente, si poteva optare per la
realizzazione di due dipinti indipendenti, legati tra loro solo
dall’occasione della commissione nuziale. È questo il caso dei ritratti
di Febo da Brescia (1503/1547) e Laura da Pola (1524/1596).
Lorenzo Lotto, Ritratto di Febo da Brescia. Milano, Pinacoteca di Brera (via Wikipedia) |
L’apprezzamento da parte del committente si evince dal saldo di 30
ducati e dalla regalia di un paio di pavoni, come viene riportato nel
“Libro di Spese diverse” di Lorenzo Lotto.
Lorenzo Lotto, Ritratto di Laura da Pola. Milano, Pinacoteca di Brera (via Wikipedia) |
Il pittore invece rimase
scontento e commentò che per il tempo impiegato per l’esecuzione sarebbe
stato più equo un compenso di almeno 40 ducati, prezzo perfettamente
sostenibile dalle famiglie dei due sposi, che all’epoca erano tra le più
ricche di Treviso. Lotto in questi due ritratti accentua
l’aristocratica eleganza dei due effigiati, riflessi nel portamento e
nel riserbo psicologico, che nel caso di Febo diviene quasi malinconico.
Il virtuosismo pittorico di Lotto stempera la ventennale differenza
d’età tra marito e moglie, e si esalta nel ventaglio di piume di struzzo
di Laura, brioso elemento in un interno domestico particolarmente
austero.
Una verve irriverente e goliardica pervade invece uno dei rari dipinti mitologici di Lotto, Venere e Cupido mingente, 1540, che rappresenta un magistrale epitalamio.
Lorenzo Lotto, Venere e Cupido. New York, Metropolitan Museum (via Wikipedia) |
Paolo Veronese e le allegorie nuziali
Opere affascinanti ed
enigmatiche, le quattro allegorie di Londra di Paolo Veronese illustrano
figure monumentali, colte in potenti scorci illusionistici che fanno
presumere la loro collocazione sul soffitto di un salone oppure in
un’infilata di quattro soffitti, in un palazzo lagunare o in una
signorile dimora di terraferma. Tutti i particolari della commissione ci
sono oscuri, a cominciare dai titoli delle singole opere, identificate
in un inventario della collezione del Duca d’Orléans del 1721 come Infedeltà, Disinganno, Rispetto e Concordia felice. Se
la critica concorda nel ricondurre il ciclo a una commissione
matrimoniale, la mancata individuazione dell’identità dei coniugi ci
priva dei significati più profondi e delle sfumature più personali
delineate dal loro dotto committente e dagli eruditi a cui probabilmente
era stata affidata l’elaborazione del tema iconografico.
Il senso complessivo del
ciclo sembra essere un viaggio iniziatico degli sposi verso la perfetta
concordia matrimoniale, forse ispirato alla letteratura del tempo di
derivazione petrarchista. In tre delle quattro tele il protagonista (in
due casi un uomo e in uno una donna) è posto davanti all’eterna scelta
tra vizio e virtù, tra l’abbandono ai piaceri della carne e l’esercizio
di una morigerata castità. Questa contrapposizione, insanabile in
assoluto, sembra risolversi felicemente solo nel vincolo nuziale, ossia
nell’allegoria conclusiva in cui i due sposi vedono coronato il loro
idillio.
Nel primo dipinto una
donna nuda, inquadrata di spalle, sembra esser contesa tra due
pretendenti, un giovane circondato da amorini musicali e un uomo più
maturo. È raffigurata così la scelta tra l’amore galante cortese e
l’amore più onesto e riflessivo. È possibile anche leggere un
riferimento al dibattito religioso dell’epoca, che contrapponeva allo
sfoggio di una spiritualità di facciata la vera religiosità di cuore,
vissuta senza ostentazione nell’intimità della propria scelta.
Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. L’infedeltà. Londra, National Gallery (via Wikipedia) |
Il secondo dipinto contrappone l’amore incontrollato, impersonato
dall’uomo riverso, vinto delle pulsioni sfrenate, all’amore onesto,
impersonato dalla donna con in braccio l’ermellino, classico attributo
posto in relazione al matrimonio.
Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. Il disinganno. Londra, National Gallery (via Wikipedia) |
Nella terza tela, un condottiero in arme, che riassume in sé le
caratteristiche di Scipione, Alessandro Magno ed Ercole, è ricondotto al
suo dovere da un amico, e la scelta è resa attraverso il suo ritrarsi
con un gesto teatrale alla vista del nudo voluttuoso di una donna
sottolineato dalle lusinghiere promesse di piacere di Cupido.
Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. Il rispetto. Londra, National Gallery (via Wikipedia) |
Nell’ultimo dipinto, infine, il tormentato percorso amoroso si
risolve armoniosamente. Una dea, forse la Fortuna, offre una corona
d’alloro a una coppia di sposi elegantemente abbigliati che tengono
congiuntamente un ramo d’olivo simbolo di pace, mentre un amorino tenta
di legare insieme i due personaggi con una catenella d’oro.
Paolo Veronese, Allegorie dell’amore. L’unione felice. Londra, National Gallery (via Wikipedia) |
I
diversi dipinti illustrati in questo breve itinerario sembrano
corrispondere a diverse esigenze tutte ugualmente importanti nell’ambito
del matrimonio: i ritratti degli sposi visualizzavano pubblicamente
l’impegno etico e il decoro da praticare nel rispetto
dell’indissolubilità del vincolo; l’allegoria nuziale mostrava un
percorso di elevazione morale e spirituale che si realizzava nella
responsabile scelta del matrimonio; gli incontri amorosi degli dei
dovevano esortare la coppia all’amore passionale e all’esercizio della
seduzione per rendere feconda la loro unione.
Come già teorizzato da
Cicerone e poi ripreso dalla filosofia neoplatonica di Marsilio Ficino,
alla bellezza delle opere d’arte era riconosciuto il potere quasi
miracoloso di realizzare l‘educazione morale, sentimentale e sessuale
degli sposi.
Bibliografia:
Lorenzo Lotto. Il genio inquieto del rinascimento, Milano 1997
Lorenzo Lotto, a c. di G. C. F. Villa, Milano 2011
Paolo Veronese. L’illusione della realtà, a c. di P. Marini, B. Aikema, Milano 2014
Tiziano, a c. di G. C. F. Villa, Milano 2013
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