Un matrimonio tra coniugi che a stento si sopportano, le nozze di
un’ereditiera con un blasonato industriale in crisi economica, un
giovane scapestrato che impalma controvoglia una minorenne incinta:
tutte queste situazioni ci paiono anormali, perché manca (o pensiamo che
manchi) l’amore. Eppure fino a un paio di secoli fa ci sarebbero parse
del tutto normali, perché l’amore non aveva molto a che fare con il
matrimonio.
Quando l’amore è diventato il fondamento sociale del matrimonio? È
molto difficile fornire una risposta univoca, che valga per ogni paese e
ogni classe sociale d’Europa. Lo sanno bene i molti storici che si sono
cimentati con questo tema e più in generale con la storia della
famiglia. Se è impossibile fornire una data e un luogo precisi, possiamo
però individuare alcune tappe e alcuni ingredienti del processo che ha
portato ad associare amore e matrimonio.
Matrimonio e collettività
Partiamo da molto lontano. Nella società tardo medioevale e nella
società di antico regime (fino alla fine del Settecento) il matrimonio è
un modo per mettere ordine in una comunità, per intrecciare alleanze e
legami tra famiglie. Allo stesso tempo il matrimonio non riguarda tutti i
membri della società, perché una parte non piccola della popolazione
non si sposa, per mancanza di dote e di eredità.
Il matrimonio è un fatto pubblico, che prende le mosse da un accordo
tra famiglie o da una promessa tra i due futuri sposi. Seguono altri
passaggi: il contratto matrimoniale, il tocco di mano tra gli sposi, lo
scambio di un anello e infine la convivenza. Ma tutti questi passaggi
non sono immediati (né uguali nei vari paesi). Tra l’uno e l’altro può
trascorrere parecchio tempo, persino qualche anno. Bastano però alcune
di queste fasi perché una comunità consideri sposati un uomo e una donna
e ne tolleri la convivenza.
La volontà dei singoli
E, in tutto questo, quale spazio resta alla volontà dei singoli? In
teoria, tantissimo. Fin dal XII secolo il diritto canonico ha stabilito
che il libero consenso è fondamentale per la validità di un matrimonio.
Nella pratica, però, è impossibile sapere quanto le famiglie abbiano
rispettato la volontà dei loro eredi o quanto questi abbiano maturato
desideri contrari a quelli della famiglia.
Secondo Daniela Lombardi (autrice di Storia del matrimonio. Dal Medioevo a oggi,
il Mulino, Bologna 2008), una serie di atti processuali e di
testimonianze mostrano come tra Seicento e Settecento alcune donne si
ribellino, anche con successo, alle scelte familiari e come in altri
casi la Chiesa stessa aiuti due amanti a convolare a nozze a dispetto
della famiglia (in Spagna, ma non in Italia). Inoltre, vi è
testimonianza di padri di famiglia che rivendicano il loro diritto a
decidere dei figli, che invece agiscono di testa propria. È difficile
stabilire in che misura si tratti di casi isolati, ma possiamo dire che,
almeno in modo sporadico, al diritto del padre si oppone il diritto di
libera scelta.
L’amore di Giulietta e Romeo, reso impossibile dalla rivalità delle
rispettive famiglie, mostra il controllo che i gruppi parentali
esercitavano sui propri giovani.
In questa scena di un film di Zeffirelli puoi vedere il turbamento di Giulietta alla scoperta della vera identità di Romeo.
Per contro, anche quando la scelta è volontaria, come secondo alcuni
storici avviene nelle comunità contadine e nei ceti popolati, non è
detto che sia una scelta d’amore: fattori più prosaici come la limitata
disponibilità di possibili partner, la necessità di una compagna abile
nei lavori domestici e agricoli possono risultare più determinanti.
Qui puoi vedere un corteggiamento nella società contadina della fine dell’Ottocento, tratto dal film di Ermanno Olmi, “L’albero degli zoccoli”
Nascono i sentimenti familiari
Certo è che un secolo dopo la mentalità sta sensibilmente cambiando e
tra Settecento e Ottocento la letteratura si popola di romanzi che
parlano di matrimoni d’amore e matrimoni di convenienza. Il protagonista
di un classico della letteratura italiana, Le ultime lettere di Iacopo Ortis di Ugo Foscolo, è incapace di accettare che l’oggetto del suo amore vada in sposa a un’altra persona per interesse familiare.
Questa valorizzazione dell’amore non è un evento isolato, ma fa parte
di un processo che investe più in generale l’affettività all’interno
della famiglia: gli storici registrano vari casi di padri assillati
dalla salute dei figli, nobildonne che allattano, cure mediche
somministrate ai bambini piccoli, minor ricorso a balie. In sostanza, un
insieme di pratiche e di atteggiamenti nuovi pare diffondersi
dall’altro della società verso il basso. Nell’arco dell’Ottocento pare
realizzarsi una rivoluzione sentimentale che porta a un rafforzamento
del legame tra il genitore (soprattutto la madre) e i figli più piccoli.
Anche la ritrattistica prende atto della nuova realtà e compaiono opere
con genitori che esprimono affetto nei confronti dei figli, come rileva
S. F. Matthews Grieco in Matrimonio e vita coniugale, in Storia del matrimonio, a cura di M. De Giorgio e Ch. Klapisch-Zuber, Laterza, Roma Bari 1996).
L’angelo del focolare
Di pari passo va formandosi l’immagine della donna angelo del
focolare, che non lavora, ma si dedica alla casa e alla famiglia. È un
ideale che si impone nelle fasce medio-alte della società. Ciò significa
che il matrimonio d’amore è un’invenzione delle classi elevate? Di
tutt’altra opinione è lo storico Edward Shorter (autore di Famiglia e civiltà,
Rizzoli, Milano 1978), secondo il quale è invece nel mondo delle classi
proletarie che l’amore può imporsi, ossia dove non vi sono patrimoni da
tramandare, alleanze familiari da stabilire e comunità a cui obbedire.
La famiglia sganciata dalla collettività
La famiglia ottocentesca ha anche un’altra caratteristica:
l’isolamento. La famiglia di antico regime vive nel collettivo, in una
comunità. Con il progredire dell’industrializzazione e la trasformazione
della società da rurale a cittadina intorno alla famiglia si
costruiscono mura più spesse, che isolano un nucleo familiare dagli
altri.
Il diffondersi dell’economia capitalista, è la tesi di Shorter,
svincola la famiglia dalla comunità, che di fatto va distruggendosi;
rende le donne più libere; a partire dalla metà dell’Ottocento provoca
una generalizzata crescita del reddito nelle aree industriali: tutti
fattori che permettono di scegliersi il partner e non di farselo imporre
da un padre-padrone.
Nel contempo la classe media di negozianti e artigiani che si
inserisce nella crescita economica e vede aumentare i propri guadagni
può realizzare i nuovi valori di felicità domestica.
Insomma, un movimento a spirale che passa tra crescita economica,
disgregazione delle comunità tradizionali, ideali romantici e nuova
affettività familiare sarebbe stato all’origine del matrimonio d’amore.
Come si vede, la ricetta del matrimonio d’amore è ricca di
ingredienti, ma quale sia stato a dargli il suo sapore particolare resta
ancora poco chiaro.
Claudio Fiocchi
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