Vocali
A
nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io
dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A,
nero corsetto villoso di mosche splendenti
Che
ronzano intorno a crudeli fetori,
Golfi
d’ombra; E, candori di vapori e tende,
Lance
di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle;
I,
porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella
collera o nelle ubriachezze penitenti;
U,
cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace
di pascoli seminati d’animali, pace di rughe
Che
l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;
O,
suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi
attraversati da Angeli e Mondi:
– O
l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi!
Arthur
Rimbaud, 1872
(traduzione
di Diana Grange Fiori)
La sinestesia
è forse, insieme alla metafora
di cui è parente diretta, la figura retorica che usiamo più spesso e senza
rendercene conto. Con la sinestesia si mettono in rapporto due aree sensoriali
diverse: spieghiamo con il tatto qualcosa che pertiene alla vista (esistono
“colori caldi” e “colori freddi”), attribuiamo il nostro carattere alle cose
(il mare può essere “calmo” oppure “agitato”), e non compriamo qualcosa se il
suo prezzo è troppo “salato”. Insomma, nella sinestesia si incontrano mondi
apparentemente lontani e dalla loro unione nasce un senso nuovo delle cose. È
per questo che è una figura usatissima dai poeti: perché dà un nuovo ordine e
amplia gli orizzonti della lingua e della percezione.
La sinestesia
è dunque una figura di sconfinamento: con essa si viaggia da un polo all’altro
della percezione, e il gusto si confonde con il tatto, la vista con l’udito e
così via.
Ma anche
queste associazioni hanno le loro regole: non si può, per esempio, sorridere
blu o provare una fifa amara. Esistono delle limitazioni alla libertà con cui
si può giocare a mescolare i sensi, altrimenti si rischia l’incomprensibilità o
un sovraccarico di significato. In ogni caso, nel turbine del suo continuo
sconfinare è la sinestesia stessa, a volte, a uscire dalla linguistica e a entrare
nella vita di tutti i giorni e nella neurologia: oltre che una figura retorica,
essa è infatti anche un fenomeno percettivo studiato dagli psicologi. Ci sono
persone che “vedono” le emozioni degli altri, altri che, ascoltando suoni, ne
percepiscono la scala cromatica, altri ancora – come succede a Michael Torke,
protagonista di un caso clinico che Oliver Sacks ha descritto in Musicofilia
– per cui “le lettere dell’alfabeto, i numeri e i giorni della settimana hanno
tutti il loro particolare colore e anche una topografia o un paesaggio
peculiari”.
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