Dal Cantico dei Cantici, scena
ottava
Il tuo bacino una coppa perfetta
dove il vino aromatico non manca,
il tuo ventre un cumulo di grano
corteggiato dai gigli
[…]
I tuoi seni siano per me come grappoli
di vite,
il tuo respiro fatto di fragranza di
mele,
il tuo palato come vino dolcissimo
che scorre dritto dentro il mio cuore
scivolando sulle assorte labbra.
(trad. di Carmelo Mezzasalma)
Il Cantico
dei Cantici è un canto d’amore a dire il vero poco pudico, e che pure sta
nelle Sacre Scritture. La sua interpretazione è controversa, ma qualcuno
sostiene che sia un canto dell’amore terreno vissuto come veicolo per
l’alleanza con Dio. I due amanti che ne sono i protagonisti si parlano, si
rincorrono, si toccano: descrivono i propri corpi e sono impetuosi nel cercarsi
e nel continuo riferirsi all’amore di Dio come sublimazione dell’amore terreno.
Ci sono i
corpi al centro dei versi che compongono il testo, c’è la carnalità e il
desiderio. Tutto questo è restituito attraverso un affastellarsi di immagini e
paragoni arditi, ed è giocato su due figure retoriche fondamentali: la metafora
e la similitudine.
La similitudine
è la figura retorica del «come». Uno dice «Il tuo palato come vino dolcissimo»
e ha fatto quasi una metafora: se non ne ha fatta una completa è perché quel
«come» rivela il paragone, il confronto tra due cose, mentre la metafora non
confronta, bensì sostituisce un termine con un altro. La similitudine, dunque,
lascia vivi entrambi i termini, li mette in dialogo come dialogano i due amanti
nel Cantico – che per questo è pieno di similitudini. È la natura il
termine di paragone preferito da questa figura retorica: gli amanti si
paragonano di volta in volta a un «melo», una «cavalla», una «palma» e così
via. E paragonano i propri corpi al cibo, o a qualcosa che ha a che fare con il
nutrimento: non solo il «vino» o il «grano» citati in epigrafe ma anche, di
volta in volta, un «grappolo», un «frutto», il «miele», il «latte». È così che
nasce la suprema similitudine dell’amore: quella che vuole che l’amato sia come
cibo e che amare sia un atto di assimilazione, la ricerca della sazietà
attraverso il corpo dell’altro.
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