Citazione

L'insegnamento non può fermarsi alle ore di lezioni in classe.

Compito del docente è quello di accompagnare gli allievi nella formazione della persona e ciò può essere possibile solo in un tempo dilatato, per un'educazione permanente (C.C.E., 2001).

Il concetto di educazione permanente indica che si apprende in differenti contesti formali, informali, e non formali: non solo a scuola, ma anche nella rete web.

venerdì 19 giugno 2015

L’APOSTROFE E LA MEMORIA COME MALEDIZIONE - PRIMO LEVI-





SE QUESTO È UN UOMO

“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.”

Primo Levi, Shemà, 1947


Primo Levi scrisse questi versi e li pose in esergo al suo primo libro, Se questo è un uomo. Li intitolò Shemà – una parola ebraica che vuol dire «Ascolta» e che dà il nome a una preghiera rituale che si compie ogni mattina e ogni sera. Dunque l’imperativo che è il nerbo della poesia – bisogna ricordare ciò che è stato, l’Olocausto, e bisogna tramandarne la memoria alle generazioni future e a chi non l’ha vissuto – è associato all’idea di una ritualità: bisogna ricordare e tramandare, dice Primo Levi, e bisogna farlo ogni giorno e in ogni momento.
La vittima che maledice
La prima parola della poesia è «Voi»: Levi guarda in faccia i suoi interlocutori – i lettori –, li invoca. È l’apostrofe la figura retorica principe di questi versi: lo scrittore si rivolge direttamente ai destinatari della poesia, li chiama in causa. Tutta la poetica di Levi è, in qualche modo, racchiusa in questa invocazione iniziale: la poesia, infatti, suona a tratti come un’invettiva e una maledizione lanciata contro chi rimarrà indifferente all’imperativo della memoria. Non capita di frequente che una vittima, un sopravvissuto, si rivolga in questo modo ai suoi interlocutori: puntando loro il dito contro. Ma questo è Primo Levi: un uomo che la storia ha costretto a portare un peso troppo grande, e che si è dato una missione: quella di impedire agli altri, a costo di maledirli, di far finta che l’orrore non sia mai esistito e che non si possa, un giorno, ripetere.



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