Citazione

L'insegnamento non può fermarsi alle ore di lezioni in classe.

Compito del docente è quello di accompagnare gli allievi nella formazione della persona e ciò può essere possibile solo in un tempo dilatato, per un'educazione permanente (C.C.E., 2001).

Il concetto di educazione permanente indica che si apprende in differenti contesti formali, informali, e non formali: non solo a scuola, ma anche nella rete web.

venerdì 19 giugno 2015

LA PERIFRASI



SONETTO VIII


Quante maschere e sottomaschere noi indossiamo
Sul nostro contenitore dell’anima, così quando,
Se per un mero gioco, l’anima stessa si smaschera,
Sa d’aver tolto l’ultima e aver mostrato il volto?
La stessa maschera non si sente come una maschera
Ma guarda di fuori di sé con gli occhi mascherati.
Qualunque sia la coscienza che inizi l’opera
Sua, fatale e accettata sorte è l’ottundimento.
Come un bimbo impaurito dall’immagine allo specchio
Le nostre anime, fanciulle, rimangono disattente,
Cambiano i loro volti conosciuti, e un mondo intero
Creano su quella loro dimenticata causa;
E, quando un pensiero rivela l’anima mascherata,
Esso stesso non va a smascherare da smascherato.

(Fernando Pessoa, 1918, trad. it. Ugo Serani)

La perifrasi è un giro di parole, una frase, usati per sostituire o definire un unico termine: così, per esempio, nella Commedia Dante parla di «Colui che tutto move» anziché di Dio, e Montale, in Piccolo testamento, parla della sua testa come della «calotta del mio pensiero». Si usano moltissime perifrasi nella vita quotidiana (per esempio «operatore ecologico» per «netturbino, «è passato a miglior vita» per «è morto») ma anche in prosa. Sentite come Gadda, ne Le bizze del capitano in congedo, sostituisce «vita umana»: «[…] millenaria insistenza a voler rimanere abbarbicati alla meravigliosa crosta terrestre».
L’ultima parola
Ma forse tutta la letteratura non è che un’enorme perifrasi, un complicato stratagemma per farcire di parole i concetti fondamentali che regolano la vita umana. Marco Rossari (1973), ha scritto un libro di racconti in cui parla anche di questo: L’ultima parola, contenuto in L’unico scrittore buono è quello morto (2012), racconta di uno scrittore alle prese per anni con uno stesso libro – il libro della sua vita: sono mille pagine fittissime in cui ha messo dentro tutto ciò che è e che sa. Gli editori però gli dicono che è troppo lungo: deve tagliarlo. Così lo scrittore comincia a lavorarci: cancella dapprima alcuni punti, le virgole, poi singole parole, poi intere frasi, poi paragrafi, quindi pagine e perfino capitoli: «Ogni capitolo buttato nel cestino del computer rappresentava un carico superfluo di pensieri, di anni e di vita». Finché le pagine cancellate diventano 999. Il libro adesso ha una sola pagina, ma: «L’ho cancellata frase per frase, sillaba dopo sillaba, una lettera dopo l’altra. Finché non sono arrivato all’ultima parola. Sono sceso per strada e l’ho tracciata sul muro, a lettere cubitali […]. Oggi […] sono contento che da qualche parte, su un muro della mia città natale, riposi la parola “io”».
Guarda Marco Rossari che legge “L’ultima parola” cliccando qui

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