Citazione

L'insegnamento non può fermarsi alle ore di lezioni in classe.

Compito del docente è quello di accompagnare gli allievi nella formazione della persona e ciò può essere possibile solo in un tempo dilatato, per un'educazione permanente (C.C.E., 2001).

Il concetto di educazione permanente indica che si apprende in differenti contesti formali, informali, e non formali: non solo a scuola, ma anche nella rete web.

mercoledì 28 ottobre 2015

L'ALIMENTAZIONE NEL PERIODO AUGUSTEO


LISA
Le testimonianze di diversi scrittori dell'epoca romana hanno permesso di farci conoscere svariate notizie sull'alimentazione, il luogo dove si preparavano e si consumavano i pasti, il tipo di attrezzatura per la preparazione, gli alimenti conosciuti in quel tempo di qualsiasi tipo e genere. Ma sicuramente l'argomento più importante è quello del come si cucinassero questi alimenti, quindi delle ricette culinarieA questo proposito è bene ricordare Marco Gavio Apicio, un gastronomo romano vissuto all'epoca di Augusto e Tiberio al quale viene attribuita la stesura dei De re Coquinaria, che alcuni vogliono invece scritto da vari cuochi della tarda romanità. Oltre alla creazione di piatti fantasiosi (pasticcio di lingue di pappagalli parlanti cosparso di petali di rosa), ad Apicio è attribuita anche l'invenzione di una salsa molto usata nel mondo romano, l'esca Apici dalla quale deriva il moderno scapece, presente in varie forme in alcune cucine regionali.
Marco Gavio Apicio era considerato il maggior esperto di gastronomia della Roma del basso impero. E' rimasto famoso per i sontuosi banchetti che era in grado di bandire. Seneca scrisse che Apicio si tolse la vita perché pensava di non riuscire a superare se stesso giacché, secondo lui, era arrivato all'apice nel predisporre e preparare nuove ricette e nuovi banchetti pur non avendo in quel momento problemi di denaro (le sue casse ammontavano a 10 milioni di sesterzi - 128 miliardi delle nostre lire).
MASSIMO
Innanzi tutto ricordiamo gli alimenti che componevano i pasti di quegli anni. Il pane proveniente dal grano, farro che veniva cotto nei forni a legna al quale si dava la classica forma rotonda con delle intacche a raggi (come le nostre rosette) che ne permettevano la spezzatura con le mani in parti uguali. Di seguito ricordiamo le carni (pollame, struzzi, oche, pernici, tortore, gru, anatre, ghiri, lepri, fagiani, maiali, camosci, cinghiali, vitelli, conigli, cavalli, pecore, capre, montoni, agnelli, cervi, ecc.), verdure, insalate e legumi (zucchine, porri, lenticchie, ceci, tartufi, rape, poponi, piselli, asparagi, zucche, cardi, fave, cipolle, fagioli, finocchi, cavoli, cicorie, lattughe, sedani, bietole, ecc.). Ovviamente dobbiamo ricordare le uova, il latte, il miele come dolcificante in quanto non esisteva lo zucchero, l'olio, il vino, l'aceto. La frutta più comune in quei tempi è rappresentata da pesche, uva, pere, mele, cedri, uva passa, datteri, noci, prugne, pinoli, mandorle, melograni.
GIUDITTA
Sicuramente un settore molto elaborato e nel quale bisognava impiegare molto tempo era quello delle salse. Vi era in sostanza un tipo di salsa per ogni ricetta. La realizzazione di tutte queste salse era possibile per le innumerevoli spezie conosciute. Esempi di salse: salsa per aragosta, per anguilla, per camoscio, per carni lesse di vitella, per carni tritate, per carni tagliuzzate, per tonno lesso, per orata arrosto, bollente per pecora selvatica. Apicio ricorda circa un centinaio di salse complete nelle loro ricette.Infine le spezie che provenivano nella maggior parte dal nord Africa e dall'Oriente. In tutte le ricette di Apicio non sono mai menzionati aglio e basilico: evidentemente all'epoca non si conoscevano. Le patate, i pomodori, in granturco arriveranno in Europa dopo la scoperta dell'America.



GIUSY
Cerchiamo ora di descrivere il luogo dove si preparavano i pasti cioè la cucina. Ovviamente l'unico elemento per far bollire l'acqua o friggere qualcosa era solo il fuoco creato da legna da ardere o carbone per cui si può immaginare la polvere, il fumo e i cattivi odori che si sprigionavano da un luogo simile che, essendo disagiato, mal frequentato dagli estranei si presentava angusto e piuttosto piccolo. Come tutte le stanze della casa veniva intonacato di bianco che in breve tempo diventava grigio e subito dopo nero. Qualcuno per evitare questo passaggio intonacava la cucina sin dall'inizio di nero. Certamente doveva esistere uno spiatolo per espellere all'esterno i fumi. In questa cucina vi trovava posto un piccolo vano dove accumulare la legna e i carboni poi un adeguato braciere dove si facevano bruciare queste sostanze e dove sopra si potevano posizionare treppiedi o griglie per reggere tegami, padelle o cuocere direttamente gli arrosti. In una casa romana doveva giorno e notte ardere una fiammella che sostituiva il fiammifero.Nella cucina di una modesta casa prendeva posto una credenza dove conservare il vasellame mentre i tegami, pentole e vari oggetti di metallo venivano appesi alle pareti con dei chiodi. Sui lati del piano cottura prendevano posto delle mensole realizzate con marmi che servivano per aiutare la cuoca nello svolgimento del suo compito.
LUIGI
Dobbiamo accennare ora al luogo dove i romani consumavano i pasti. Anche qui bisogna distinguere tra il personaggio facoltoso e quello che non poteva permettersi lussi di nessun tipo. Innanzitutto dobbiamo ricordare i tre momenti della giornata nei quali ci si avvicinava al pasto. Il mattino con la colazione detta JENTACULUM, il pasto a mezzogiorno detto PRANDIUM e il pasto della sera detto CENA. I verbi erano JENTARE, PRANDERE e CENARE. Oggi noi ufficialmente li chiamiamo 1a colazione, 2a colazione e pranzo. Ma nel nostro uso comune il pranzo è il pasto di mezzogiorno e la cena è il pasto serale. La colazione si effettuava verso la 2a o 3a ora, cioè tra le sette e le otto, con latte e qualche biscotto e, qualche volta, con formaggio e uova. Il pranzo si effettuava alla 6a o 7a ora, cioè prima di mezzogiorno. Esso era abbastanza frugale, niente di impegnativo; alcune volte si consumavano i resti della sera precedente. Il pranzo si svolgeva nella stanza da pranzo stando regolarmente seduti intorno ad un tavolo; qualche volta per gli impegni e la fretta si mangiava in piedi. Cosa si mangiava: pesce, uova, funghi, verdure, insalate, carne fredda, frutta e vino. Ma il più importante pasto del giorno era la cena che avveniva normalmente dell'imbrunire e solo qualche volta andava a finire a notte inoltrata o alla luce dell'alba. La cena era momento d'incontro, piacere dello stare insieme, possibilità di conoscere le notizie, espressione del proprio status, divulgazione della propria felicità per qualche fatto importante. La cena del povero diavolo se non partecipava come invitato in qualche casa importante era, come al solito, abbastanza semplice e frugale seduto intorno ad un tavolo insieme ai familiari consumando con parsimonia un pasto alla cui realizzazione qualcuno della famiglia deve aver impiegato tempo, sudore e fatica.

PASQUALE
La persona ricca, attorniata da servi e cuochi, doveva pensare ad altro. Vediamo a cosa. Per prima cosa non si cenava nella stanza da pranzo seduti intorno a un tavolo, ma in un TRICLINIUM. Il triclinio era uno spazio dove prendevano posto tre letti. Ognuno poteva essere lungo fino a due metri e quaranta centimetri e su di esso potevano prendere posto massimo tre persone le quali erano semisdraiate con il busto eretto aiutate in questa posizione da un braccio mentre l'altro serviva per mangiare. Gli alimenti erano stati precedentemente tagliati in piccoli pezzi per evitare di usare il coltello e anche la forchetta in quanto si usavano le dita. Tra i triclinium circolavano in continuazione servi con recipienti colmi di acqua ed asciugamani per permettere ai commensali di lavarsi le mani ogni volta che ne avessero necessità. In un triclinium formato da tre letti potevano prendere posto al massimo nove persone che si disponevano semisdraiate in modo tale che tutti e nove volgessero lo sguardo al centro del triclinium. In questo modo la conversazione era seguita da tutti i commensali come se fossero seduti intorno ad un tavolo rotondo. Il triclinio, quindi, occupava una stanza di forma quadrata con ovviamente il lato della porta libero per l'accesso dei servi. Poteva, qualche volta, esserci in una stanza solo due letti, quindi un biclinio. Altre volte in un ambiente piuttosto grande potevano esserci diversi triclini disposti sempre in modo che i servitori avessero lo spazio libero per servire.

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