LISA
Le testimonianze di diversi
scrittori dell'epoca romana hanno permesso di farci conoscere svariate notizie
sull'alimentazione, il luogo dove si preparavano e si consumavano i pasti, il
tipo di attrezzatura per la preparazione, gli alimenti conosciuti in quel tempo
di qualsiasi tipo e genere. Ma sicuramente l'argomento più importante è quello
del come si cucinassero questi alimenti, quindi delle ricette culinarieA questo
proposito è bene ricordare Marco Gavio Apicio, un gastronomo romano vissuto
all'epoca di Augusto e Tiberio al quale viene attribuita la stesura dei De re
Coquinaria, che alcuni vogliono invece scritto da vari cuochi della tarda
romanità. Oltre alla creazione di piatti fantasiosi (pasticcio di lingue di
pappagalli parlanti cosparso di petali di rosa), ad Apicio è attribuita anche
l'invenzione di una salsa molto usata nel mondo romano, l'esca Apici dalla
quale deriva il moderno scapece, presente in varie forme in alcune cucine
regionali.
Marco Gavio Apicio era considerato il maggior esperto di gastronomia della Roma del basso impero. E' rimasto famoso per i sontuosi banchetti che era in grado di bandire. Seneca scrisse che Apicio si tolse la vita perché pensava di non riuscire a superare se stesso giacché, secondo lui, era arrivato all'apice nel predisporre e preparare nuove ricette e nuovi banchetti pur non avendo in quel momento problemi di denaro (le sue casse ammontavano a 10 milioni di sesterzi - 128 miliardi delle nostre lire).
Marco Gavio Apicio era considerato il maggior esperto di gastronomia della Roma del basso impero. E' rimasto famoso per i sontuosi banchetti che era in grado di bandire. Seneca scrisse che Apicio si tolse la vita perché pensava di non riuscire a superare se stesso giacché, secondo lui, era arrivato all'apice nel predisporre e preparare nuove ricette e nuovi banchetti pur non avendo in quel momento problemi di denaro (le sue casse ammontavano a 10 milioni di sesterzi - 128 miliardi delle nostre lire).
MASSIMO
Innanzi tutto ricordiamo gli
alimenti che componevano i pasti di quegli anni. Il pane proveniente dal grano,
farro che veniva cotto nei forni a legna al quale si dava la classica forma
rotonda con delle intacche a raggi (come le nostre rosette) che ne permettevano
la spezzatura con le mani in parti uguali. Di seguito ricordiamo le carni
(pollame, struzzi, oche, pernici, tortore, gru, anatre, ghiri, lepri, fagiani,
maiali, camosci, cinghiali, vitelli, conigli, cavalli, pecore, capre, montoni,
agnelli, cervi, ecc.), verdure, insalate e legumi (zucchine, porri, lenticchie,
ceci, tartufi, rape, poponi, piselli, asparagi, zucche, cardi, fave, cipolle,
fagioli, finocchi, cavoli, cicorie, lattughe, sedani, bietole, ecc.).
Ovviamente dobbiamo ricordare le uova, il latte, il miele come dolcificante in
quanto non esisteva lo zucchero, l'olio, il vino, l'aceto. La frutta più comune
in quei tempi è rappresentata da pesche, uva, pere, mele, cedri, uva passa,
datteri, noci, prugne, pinoli, mandorle, melograni.
GIUDITTA
Sicuramente un settore molto
elaborato e nel quale bisognava impiegare molto tempo era quello delle salse.
Vi era in sostanza un tipo di salsa per ogni ricetta. La realizzazione di tutte
queste salse era possibile per le innumerevoli spezie conosciute. Esempi di
salse: salsa per aragosta, per anguilla, per camoscio, per carni lesse di
vitella, per carni tritate, per carni tagliuzzate, per tonno lesso, per orata
arrosto, bollente per pecora selvatica. Apicio ricorda circa un centinaio di
salse complete nelle loro ricette.Infine le spezie che provenivano nella maggior
parte dal nord Africa e dall'Oriente. In tutte le ricette di Apicio non sono
mai menzionati aglio e basilico: evidentemente all'epoca non si conoscevano. Le
patate, i pomodori, in granturco arriveranno in Europa dopo la scoperta
dell'America.
GIUSY
Cerchiamo ora di descrivere il
luogo dove si preparavano i pasti cioè la cucina. Ovviamente l'unico elemento
per far bollire l'acqua o friggere qualcosa era solo il fuoco creato da legna
da ardere o carbone per cui si può immaginare la polvere, il fumo e i cattivi
odori che si sprigionavano da un luogo simile che, essendo disagiato, mal
frequentato dagli estranei si presentava angusto e piuttosto piccolo. Come
tutte le stanze della casa veniva intonacato di bianco che in breve tempo
diventava grigio e subito dopo nero. Qualcuno per evitare questo passaggio
intonacava la cucina sin dall'inizio di nero. Certamente doveva esistere uno
spiatolo per espellere all'esterno i fumi. In questa cucina vi trovava posto un
piccolo vano dove accumulare la legna e i carboni poi un adeguato braciere dove
si facevano bruciare queste sostanze e dove sopra si potevano posizionare
treppiedi o griglie per reggere tegami, padelle o cuocere direttamente gli
arrosti. In una casa romana doveva giorno e notte ardere una fiammella che sostituiva
il fiammifero.Nella cucina di una modesta casa prendeva posto una credenza dove
conservare il vasellame mentre i tegami, pentole e vari oggetti di metallo
venivano appesi alle pareti con dei chiodi. Sui lati del piano cottura
prendevano posto delle mensole realizzate con marmi che servivano per aiutare
la cuoca nello svolgimento del suo compito.
LUIGI
Dobbiamo accennare ora al luogo
dove i romani consumavano i pasti. Anche qui bisogna distinguere tra il
personaggio facoltoso e quello che non poteva permettersi lussi di nessun tipo.
Innanzitutto dobbiamo ricordare i tre momenti della giornata nei quali ci si
avvicinava al pasto. Il mattino con la colazione detta JENTACULUM, il pasto a
mezzogiorno detto PRANDIUM e il pasto della sera detto CENA. I verbi erano
JENTARE, PRANDERE e CENARE. Oggi noi ufficialmente li chiamiamo 1a colazione,
2a colazione e pranzo. Ma nel nostro uso comune il pranzo è il pasto di
mezzogiorno e la cena è il pasto serale. La colazione si effettuava verso la 2a
o 3a ora, cioè tra le sette e le otto, con latte e qualche biscotto e, qualche
volta, con formaggio e uova. Il pranzo si effettuava alla 6a o 7a ora, cioè
prima di mezzogiorno. Esso era abbastanza frugale, niente di impegnativo;
alcune volte si consumavano i resti della sera precedente. Il pranzo si
svolgeva nella stanza da pranzo stando regolarmente seduti intorno ad un
tavolo; qualche volta per gli impegni e la fretta si mangiava in piedi. Cosa si
mangiava: pesce, uova, funghi, verdure, insalate, carne fredda, frutta e vino.
Ma il più importante pasto del giorno era la cena che avveniva normalmente
dell'imbrunire e solo qualche volta andava a finire a notte inoltrata o alla
luce dell'alba. La cena era momento d'incontro, piacere dello stare insieme,
possibilità di conoscere le notizie, espressione del proprio status,
divulgazione della propria felicità per qualche fatto importante. La cena del
povero diavolo se non partecipava come invitato in qualche casa importante era,
come al solito, abbastanza semplice e frugale seduto intorno ad un tavolo
insieme ai familiari consumando con parsimonia un pasto alla cui realizzazione
qualcuno della famiglia deve aver impiegato tempo, sudore e fatica.
PASQUALE
La persona ricca, attorniata da
servi e cuochi, doveva pensare ad altro. Vediamo a cosa. Per prima cosa non si
cenava nella stanza da pranzo seduti intorno a un tavolo, ma in un TRICLINIUM.
Il triclinio era uno spazio dove prendevano posto tre letti. Ognuno poteva
essere lungo fino a due metri e quaranta centimetri e su di esso potevano
prendere posto massimo tre persone le quali erano semisdraiate con il busto
eretto aiutate in questa posizione da un braccio mentre l'altro serviva per
mangiare. Gli alimenti erano stati precedentemente tagliati in piccoli pezzi
per evitare di usare il coltello e anche la forchetta in quanto si usavano le
dita. Tra i triclinium circolavano in continuazione servi con recipienti colmi
di acqua ed asciugamani per permettere ai commensali di lavarsi le mani ogni
volta che ne avessero necessità. In un triclinium formato da tre letti potevano
prendere posto al massimo nove persone che si disponevano semisdraiate in modo
tale che tutti e nove volgessero lo sguardo al centro del triclinium. In questo
modo la conversazione era seguita da tutti i commensali come se fossero seduti
intorno ad un tavolo rotondo. Il triclinio, quindi, occupava una stanza di
forma quadrata con ovviamente il lato della porta libero per l'accesso dei
servi. Poteva, qualche volta, esserci in una stanza solo due letti, quindi un biclinio.
Altre volte in un ambiente piuttosto grande potevano esserci diversi triclini
disposti sempre in modo che i servitori avessero lo spazio libero per servire.
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