Citazione

L'insegnamento non può fermarsi alle ore di lezioni in classe.

Compito del docente è quello di accompagnare gli allievi nella formazione della persona e ciò può essere possibile solo in un tempo dilatato, per un'educazione permanente (C.C.E., 2001).

Il concetto di educazione permanente indica che si apprende in differenti contesti formali, informali, e non formali: non solo a scuola, ma anche nella rete web.

giovedì 5 novembre 2015

PERSONAGGI FEMMINILI NELL’ORLANDO FURIOSO DI LUDOVICO ARIOSTO




AMBITO ARTISTICO-LETTERARIO

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Sviluppa l’argomento scelto o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti.
Se scegli la forma del “saggio breve”, argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi.
Se scegli la forma dell’“articolo di giornale”, indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere pubblicato.
Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.
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ARGOMENTO: Personaggi femminili nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto


Documento 1
[Angelica, nascosta in un boschetto per sfuggire all’inseguimento di Rinaldo e Ferraù, scorge Sacripante, re di Circassia, che piange d’amore per lei, e pensa di servirsi di lui per difendersi dagli altri inseguitori]

49  Con molta attenzion la bella donna
      al pianto, alle parole, al modo attende1
      di colui ch’in amarla non assonna2;
      né questo è il primo dì ch’ella l’intende:
      ma dura e fredda più d’una colonna,
      ad averne pietà non però scende3,
      come colei c’ha tutto il mondo a sdegno,
      e non le par ch’alcun sia di lei degno.

50  Pur tra quei boschi il ritrovarsi sola
      le fa pensar di tòr4 costui per guida;
      che chi ne l’acqua sta fin alla gola
      ben è ostinato se mercé5 non grida.
      Se questa occasione or se l’invola6,
      non troverà mai più scorta sì fida7;
      ch’a lunga prova conosciuto inante
      s’avea quel re fedel sopra ogni amante.

51  Ma non però disegna de l’affanno
      che lo distrugge alleggierir chi l’ama8,
      e ristorar9 d’ogni passato danno
      con quel piacer ch’ogni amator più brama:
      ma alcuna finzione, alcuno inganno
      di tenerlo in speranza ordisce e trama;
      tanto ch’a quel bisogno se ne serva,
      poi torni all’uso suo dura e proterva10.
L. Ariosto, Orlando furioso, I, 49-51

1. attende: presta attenzione.
2. non assonna: non si addormenta, cioè non tralascia di amarla.
3. non però scende: tuttavia non si abbassa.
4. tòr: prendere.
5. mercé: aiuto.
6. se l’invola: se le sfugge.
7. fida: fedele.
8. chi l’ama: Sacripante.
9. ristorar: ricompensare.
10. proterva: superba.


Documento 2

Angelica è chiaramente un calco dell’immagine amorosa petrarchesca; e il suo nome non è che l’antonomasia della donna come “angelico sembiante”, figura centrale della lirica amorosa. Ora, la mossa narrativa nuova e strabiliante è di paracadutare tale delicata figurina nel mondo selvatico, tutto fisico, degli eroi maniaci che agiscono solo per incaponimenti belluini. Ed è una novità che fin dalla sua apparizione (in apertura del poema di Boiardo) mette in subbuglio tutto l’universo cavalleresco. Perché, con la sua perpetua sfuggenza, Angelica è subito come il motore, il “primum mobile” dei giri a vuoto; è la spinta inerziale dei moti maniacali; è la traccia da cui nascono tutti gli inseguimenti, tutte le trame. Lei incarna le proiezioni su cui l’incantamento si fissa, il “filo d’oro” con cui si ordiscono i “nodi”, le “reti” del desiderio.
Per questo Angelica è la grande invenzione che rivoluziona il romanzo cavalleresco. Grande invenzione di Boiardo, il quale la presenta come una maga che scatena invasamenti maniacali con le proprie malie (Orlando innamorato, libro primo, 1, 37). Ariosto la cita come “angelico sembiante”, “sembianza”, parvenza che scompare (XI, 8), “imago” (XII, 26); tutte metafore di un desiderio puntato non tanto sulla donna quanto sulla sua immagine, come nelle liriche amorose del nostro poeta: “l’aver nel cor di voi sempre l’imago”. Ma nel nostro poema “imago” indica anche le figure magiche con cui suscitare un incantesimo, come nel caso del mago Atlante che crea un castello dal nulla per incanto (XXII, 23). È un’accezione diffusa del termine, riferita ai libri di magia, che ricorre già in Dante: “fecer malìe con erbe e con imago” (Inferno, XX, 123).
Come figura della malia e dell’incanto amoroso, Angelica è un’inafferrabile “imago”, che produce i suoi effetti magici a distanza. Non un carattere con una sostanza psicologica, ma una traccia che crea un intrico di inseguimenti a vuoto; romanzesco simulacro per suscitare il film dei desideri. Di lei sappiamo solo che è bionda, giovinetta di bellezza assoluta, e detentrice di un anello magico che ha il potere di dissolvere gli incanti e di farla sparire. L’anello riassume la sua potenza di figura che fuggendo o svanendo produce effetti di invasamento insensato: “donde lor sparve subito agli occhi, / e li lasciò come insensati e sciocchi” (XII, 34). E già da una delle prime scene nel poema di Boiardo, quando svanisce nell’aria agli occhi dello strabiliato Ferraù, è fissata questa sua specialità di mostrarci l’incanto dei desideri come potenza di immagini vane e sfuggenti.
G. Celati, Angelica che fugge. Una lettura dell’Orlando furioso, in “Griseldaonline”, n. 3, 2003-2004 (http://www.griseldaonline.it/percorsi/3celati.htm)


Documento 3

Le donne hanno un ruolo importante per Ariosto: non solo come eroine del suo testo (uno dei “motori” dell’azione è appunto la bellissima Angelica) ma anche come pubblico ideale.
Come già Boccaccio, anche Ariosto vede nelle donne, appassionate di “storie”, le sue interlocutrici preferite e al mondo femminile dedica un’attenzione primaria, pur nel contesto di un poema cavalleresco, dove gli eroi maschili “senza macchia e senza paura”, i gloriosi cavalieri, dovrebbero a prima vista essere gli assoluti protagonisti. Il mondo femminile è strettamente connesso alla grande importanza che l’amore assume, come si diceva, nel poema di Ariosto: amore come innamoramento, ma anche come passione capace di sconvolgere la mente persino del paladino più incorruttibile e glorioso (Orlando) oppure come naturale gioioso gioco erotico, di cui l’Ariosto, con la sua saggia e bonaria filosofia laica, sembra invitare eroi e lettori a godere (ed è la tradizione di Boccaccio ad emergere). Amore anche come inganno e come gelosia; ma non solo nell’amore sono protagoniste le donne: alcune, come Bradamante, per virtù e destrezza non sono da meno dei paladini.
G. M. Anselmi, Profilo storico della letteratura italiana, Sansoni, Milano 2001


Documento 4
[È qui descritto l’incontro di Ruggiero con Alcina]

10  [...] sola di tutti Alcina era più bella,
      sì come è bello il sol più d’ogni stella.

11  Di persona era tanto ben formata,
      quanto me’ finger1 san pittori industri2;
      con bionda chioma lunga et annodata:
      oro non è che più risplenda e lustri3.
      Spargeasi per la guancia delicata
      misto color di rose e di ligustri4;
      di terso avorio era la fronte lieta,
      che lo spazio finia con giusta meta5.

      [...]

16  Avea in ogni sua parte un laccio teso,
      o parli o rida o canti o passo muova:
      né maraviglia è se Ruggier n’è preso,
      poi che tanto benigna6 se la truova.
      Quel che di lei già avea dal mirto inteso,
      com’è perfida e ria7, poco gli giova;
      ch’inganno o tradimento non gli è aviso8
      che possa star con sì soave riso.
L. Ariosto, Orlando furioso, VII, 10 (7-8), 11, 16

1. finger: ritrarre.
2. industri: abili.
3. lustri: luccichi.
4. ligustri: gigli.
5. lo spazio ... meta: chiudeva lo spazio (del viso) con esatta proporzione.
6. benigna: cortese.
7. ria: malvagia, crudele.
8. non gli è aviso: non gli pare possibile.


Documento 5

Rinascimentale, ancora, è la concezione della donna, che non è più, ovviamente, né la donna-angelo di tanta tradizione cavalleresco-cristiana, né la donna-demonio di tanta tradizione misogina cristiana: due concezioni antitetiche, che si erano scontrate e intrecciate per secoli – si affacciavano ancora, tutte e due, nel Decameron – e nelle quali era, in tutte e due, la presenza attiva dei miti biblici della donna, strumento ora di perdizione (Eva) ora di misericordia e redenzione (la Vergine). Ma qui la donna è solo – verrebbe voglia di dire – il femminile dell’uomo, in una civiltà nella quale – negli strati sociali più alti – essa aveva cominciato ad aprirsi alla cultura e all’arte, sicché erano numerose le scrittrici e le poetesse, e l’intensa vita sociale di corte e gl’incontri quotidiani con le donne – le corti del Bembo, del Castiglione e del Bandello sarebbero incomprensibili senza la presenza attiva delle «dame di palazzo» – toglievano loro il fascino morboso dell’ignoto, e le facevano compagne amabili di conversazioni e di feste [...]. Perciò nel Furioso è una gamma svariatissima di donne in mille atteggiamenti e comportamenti diversi: donne di tizianesca perfezione di forme, dai colmi corpi superbi, che amano, odiano, temono, sono tenere e rigide, guardano all’uomo con freddo cinismo come Doralice, o si sacrificano per l’uomo che amano come Isabella, o sono spietatamente indifferenti e calcolatrici con chi soffre per loro, eppure, se si innamorano, languono e piatiscono grazia esse per prime, come Angelica fa con Medoro.
Così, chi scinda il poema negli elementi che lo compongono – l’uomo, la donna, la natura, il comportamento sociale – trova sempre che ognuno di quegli elementi e tutti assieme sono quali erano nelle aspirazioni e nella realtà della società e nella cultura italiana.
G. Petronio, L’attività letteraria in Italia. Storia della letteratura italiana, Palumbo, Palermo 1993


Documento 6

J. A. D. Ingres, Ruggiero libera Angelica, 1819, olio su tela, Parigi, Musée du Louvre


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