[…]
Ma da quel nido, rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero;
io, la mia patria or è dove si vive;
tutti tutti migrammo un giorno nero;
io, la mia patria or è dove si vive;
[…]
Giovanni Pascoli, Romagna
Di errori,
quando si parla, se ne fanno parecchi anche senza volerlo. E però se ne fanno
anche quando si scrive: per esempio, a volte si vuole imitare il parlato, e
nell’imitarlo si fanno frasi storte, a cui sfugge la sintassi; oppure, alla
frase, le si vuole dar ritmo, la si vuole giovane e fresca, e si finisce per
scriverla irregolare, per lasciarla apparentemente monca: uno comincia una
frase e subito la cambia, lasciando lì da sola la parola con cui l’aveva
cominciata. Lo faceva anche Manzoni, che nei suoi Promessi sposi
scriveva cose come “quelli che muoiono, bisogna pregare Iddio per loro”; e lo
faceva Pavese, che in La luna e i falò diceva “La luna bisogna crederci
per forza”.
Certo che
vale. Solo che a volte gli scrittori decidono di inciamparci, e fanno di
proposito un errore grave, per alcuni gravissimo: l’anacoluto. Un
anacoluto c’è quando nella frase salta un nesso e la sintassi si scompiglia, si
rompe. Si mette subito il soggetto logico – quello che l’urgenza comunicativa
impone di nominare subito, per dargli enfasi -, ma poi lo si abbandona: “La
prof, la dovevi vedere come c’è rimasta male” (la prof qui è prima soggetto e
poi diventa subito complemento oggetto), “Io, quando ero piccolo, mi si
slacciavano le scarpe continuamente” (è una frase, questa, di Paolo Nori, uno
scrittore che ha fondato la sua poetica sull’anacoluto) e così via.
Insomma
l’anacoluto è un errore, ma lo facciamo continuamente quando parliamo e nessuno
se ne accorge; è un errore, ma lo usano gli scrittori perché ha una grande
forza espressiva. Eppure se qualcuno lo usa in un tema in classe il prof glielo
corregge. Hai voglia a spiegare: “Ho usato una figura retorica, lo faceva anche
il Manzoni” – il voto ormai è abbassato. Il problema è questo: che in tutte le
altre frasi dei Promessi sposi Manzoni ha dimostrato che l’italiano lo
sapeva usare, e qui ha soltanto giocato con le parole. A tutti noi, che stiamo
in classe, ci tocca subire l’ingiustizia e farci una ragione del segno rosso.
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