La vita sociale del Settecento
porta in primo piano la donna, relegata nel Seicento a un ruolo marginale.
Conviti, feste, eventi mondani dell’aristocrazia ruotano sempre più intorno
alla figura della padrona di casa, accompagnata dal “cavalier servente” e
ossequiata dai nobili, a cui offre la sua ospitalità. In queste occasioni
mondane dominano la grazia raffinata e l’eleganza dei modi e degli abiti; e
nelle conversazioni che la dama propone anche gli argomenti più impegnativi e
le nuove problematiche di un mondo intellettuale in fermento vengono sfiorati
con leggerezza e superficialità.
Non mancano, tuttavia, in questo
quadro sociale, figure femminili di grande sostanza intellettuale e culturale,
capaci di dar vita, con la loro intelligente ospitalità, a veri e propri
cenacoli intellettuali. Nasce così il “salotto artistico e intellettuale”, vera
alternativa alle “accademie”, in cui, però, a differenza di queste ultime,
figura centrale è la donna, con la sua brillante conversazione, l’intelligenza
con cui seleziona le sue amicizie e organizza le serate mondane.
Scomparsi, con la Rivoluzione
francese e l’avvento del nuovo secolo, i rituali tipici dell’aristocrazia
settecentesca, il salotto rimarrà un’istituzione fondamentale, punto di ritrovo
del mondo intellettuale e, in alcuni casi, dei protagonisti delle battaglie
sociali e politiche del tempo, All’epoca di Maria Teresa d’Austria, un salotto
colto fu quello di Vittoria Ottoboni Serbelloni (Roma 1721 - Villa la Quiete a
Tremezzo, Como 1790). Sposa del duca Gabrio Serbelloni, dal quale vivrà presto
separata, fu amata e ammirata da Pietro Verri.
Possedeva una grande cultura di
storia ed era esperta di letteratura francese, di cui tradusse e pubblicò il
teatro comico di Destouches. Aveva inoltre doti di grande attrice e amava
esibirsi nelle parti femminili più in voga nel teatro privato della sua villa.
In essa accolse, come precettore dei suoi figli, Giuseppe Parini, allora
giovane abatino. Nel suo “salotto”, oltre ai fratelli Verri, confluirono gli
intellettuali che avrebbero dato vita alla Società patriottica, da Beccaria, a
Frisi, a Moscati.
Un altro salotto “illuminato” fu
quello di Paola Litta Visconti Arese (Milano 1751-1846). Sposa di Giuseppe
Castiglioni Stampa, si legò di amicizia con Francesco Melzi d’Eril, figura di
uomo politico di primo piano nell’età napoleonica. In casa Litta Castiglioni si
svolgevano gli incontri della Gran Loggia nazionale lombarda, la sola loggia
massonica ammessa da Giuseppe Il; ma essa ospitò anche letterati di primo
piano, tra cui Giuseppe Parini, che dedicò alla donna la sua ode La recita dei versi.
Figura
affascinante, nell’età napoleonica, fu quella di Antonietta Fagnani Arese
(Milano 1778 - Genova 1847). Andata sposa a vent’anni al marchese Marco Arese
Lucini, a quel tempo, nonostante la giovane età, già alto magistrato della
Repubblica Cisalpìna, fu poi ammessa con lui alla corte del vicerè Eugenio.
Donna colta, la Fagnani Arese conosceva perfettamente il francese, l’inglese e
il tedesco, e si dice che abbia tradotto per Foscolo il romanzo di Goethe I dolori
del giovane Werther, modello dell’Ortis. Il nome della Fagnani Arese è legato principalmente
alla sua passione per il grande poeta, che le dedicò lode All’amica risanata.
Giuseppe Rovani, nel romanzo Cento anni, che descrive la vita milanese dal 1750
al 1850, la dipinge come una donna capace di suscitare grandi passioni e anche
lei amante appassionata, ma insofferente dei legami.
Il salotto più celebre della
Milano dell’Ottocento è senza dubbio quello della contessa Clara Maffei
(Bergamo 1814 - Milano 1886). Figlia del conte Giovan Battista Carrara Spinelli
e di Ottavia Gambara, discendente di quella Veronica che fu celebre figura di
intellettuale e di poetessa del Rinascimento, Clara sposò il poeta Andrea
Maffei nel 1832. Già nel 1834 cominciò a dar vita alle celebri serate nella sua
dimora di via Bigli. Tra i primi frequentatori del salotto intellettuale Maffei
vi furono Tommaso Grossi e Massimo d’Azeglio, nonché il pittore Francesco Hayez,
autore di un ritratto della contessa donato al conte Andrea. Nel 1837 vi fu
ospite il grande scrittore francese Honoré de Balzac e l’anno successivo il
musicista Franz Liszt, in compagnia della contessa d’Agoult.
Dal 1842 vi si aggiunse, come
frequentatore abituale, Giuseppe Verdi, conosciuto dalla contessa alla Scala in
occasione del suo trionfo nel Nabucco. Dal 1846 la contessa si separò dal marito,
che, conservatore e filoaustriaco, non ne condivideva le simpatie con i
liberali. Legatasi a Carlo Tenca, letterato e patriota, sostenne e finanziò con
lui la rivoluzione del 1848. Iniziò così, per influenza di Tenca, l’impegno
della Maffei per la causa dell’indipendenza: nel cosiddetto “decennio di
preparazione” iI suo salotto, divenuto da artistico politico, fu un vero e
proprio punto di ritrovo dei patrioti liberali e sede di incontri più o meno
segreti di ministri e ambasciatori.
Il salotto Maffei rimase attivo
anche dopo la proclamazione del Regno d’Italia, ospitando la nuova generazione
di artisti, scrittori e intellettuali, da Boito a Praga, Capuana e De Sanctis.
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