Citazione

L'insegnamento non può fermarsi alle ore di lezioni in classe.

Compito del docente è quello di accompagnare gli allievi nella formazione della persona e ciò può essere possibile solo in un tempo dilatato, per un'educazione permanente (C.C.E., 2001).

Il concetto di educazione permanente indica che si apprende in differenti contesti formali, informali, e non formali: non solo a scuola, ma anche nella rete web.

mercoledì 20 aprile 2016

CULTURA E ALIMENTAZIONE



CULTURA E ALIMENTAZIONE



Nel corso dei secoli il cibo ha rappresentato per l'uomo molto più che un semplice mezzo di sostentamento. E’ stato di volta in volta la causa di cambiamenti epocali, strumento di potere, apripista delle prime reti commerciali globali, collante tra le società, arma ideologica e causa di conflitti. La sua influenza sulla storia mondiale può essere paragonata, a una “forchetta” invisibile che ha pungolato l'umanità, segnandone e cambiandone talvolta il destino. Un impatto storico e sociale che ancora oggi non smette di far sentire il suo peso.
L’alimentazione ha un’importanza rilevante poiché permette alle famiglie di riunirsi e condividere momenti di intimità e divertimento.
Circa 2,5 milioni di famiglie italiane fanno insieme tutti e tre i pasti per tutti e sette i giorni della settimana; il 14,3% delle famiglie italiane ha quindi nella tavola, dalla colazione al pranzo alla cena, un quotidiano momento unificante di copresenza di tutti i suoi membri.
Sotto la spinta della crisi, i dati, sottolinea Coldiretti, mostrano che la tavola è tornata ad essere un momento rituale significativo per tante famiglie italiane, malgrado la destrutturazione dei pasti, la proiezione verso l’esterno dei membri dovuta anche dagli impegni di lavoro, lo sviluppo di una relazionalità extrafamiliare anche per i membri in età adolescenziale.
Si stimano in 10,6 milioni le famiglie italiane che ogni giorno della settimana fanno almeno un pasto insieme a colazione, a pranzo o a cena; quindi, il 60,8% delle famiglie, escluse ovviamente le unipersonali, riesce ad avere un momento quotidiano di copresenza intorno al desco familiare. La cena si classifica come il momento più unificante, con 8,8 milioni di famiglie che cenano insieme tutti i giorni della settimana e lo stare assieme a vicinanza in famiglia raggiunge l’apice nel week-end.


La psicologia a tavola


Gli esseri umani avrebbero potenzialmente accesso ad una gamma pressoché infinita di alimenti, ma la scelta quotidiana è notevolmente ridotta, questo avviene perché mangiamo più con la testa che con la bocca.
Il primo pasto è sempre semplice. Per Eva fu un morso di una mela, per un bambino è il latte materno. Tuttavia, con lo sviluppo delle prime esperienze alimentari e dei primi rapporti con l’ambiente esterno, inizia anche un processo di selezione che trascende il valore nutritivo del cibo stesso. In quanto onnivori, gli esseri umani avrebbero potenzialmente accesso ad una gamma pressoché infinita di alimenti ma, in pratica, la scelta quotidiana è notevolmente ridotta. Questo avviene perché mangiamo più con la testa che con la bocca.
Una volta risolto il problema della sopravvivenza, le nostre abitudini alimentari sono fortemente influenzate dalle rappresentazioni mentali di quello che riteniamo commestibile. Per esempio, cavallette ed altri tipi di insetti hanno un valore nutritivo molto alto e sono apprezzate in certe culture africane e orientali, ma non nella nostra. Questo non dipende dal gusto (le avessimo mai assaggiate!) ma dal semplice fatto che per la maggioranza degli Italiani e dei popoli occidentali, questi animali appartengono alla categoria “insetto” e non a quella “cibo”.
Il comportamento alimentare può essere considerato come atto di comunicazione e di espressione di Sé. In particolare, in alcuni studi di psicologia sociale è emerso come gli individui tendano a giudicare gli altri sulla base degli alimenti scelti, o che suppongono mangino, e che spesso tendiamo a scegliere un cibo per comunicare qualcosa di noi stessi.
Si prenda, per esempio, il caso dei prodotti biologici che, in Italia, sono spesso più cari degli altri, a parità di prodotto. La scelta può dipendere da specifiche esigenze (per esempio, allergie a determinati pesticidi) ma anche essere l’espressione della propria identità, come persona salutista o attenta all’ambiente, nonché la manifestazione del proprio stile di vita alimentare.
Per queste ragioni, quando guardiamo quello che abbiamo nel piatto, dobbiamo considerare che la nostra scelta trascende sia il valore nutritivo che il gusto (non sempre, infatti, ci limitiamo a mangiare quello che ci piace).
 Mangiare è un processo psicologico, influenzato dalle norme.

L’evoluzione dell’alimentazione

Gli storici sono unanimi oggi nell'affermare che, se è vero che l'Uomo è un essere onnivoro, per diversi milioni di anni è stato principalmente carnivoro.
Dalle origini sino all'inizio del Neolitico, circa 10.000 anni fa, l'Uomo era un cacciatore-raccoglitore nomade, il cui cibo era costituito essenzialmente di selvaggina (proteine e lipidi) ma anche bacche (frutti selvatici) o ancora radici (glucidi con indice glicemico molto basso contenenti molte fibre). La maggior parte degli autori è concorde nel ritenere che i nostri antenati mangiavano anche, in via accessoria, vegetali (foglie, germogli …) e senza dubbio anche, in qualche occasione, semi selvatici. Anche questi vegetali sono da classificarsi nella categoria dei glucidi con indice glicemico estremamente basso.
Sembra evidente che il dispendio energetico quotidiano di questi uomini primitivi fosse considerevole, non solo per via delle prove fisiche che si trovavano ad affrontare, ma anche per via della precarietà delle loro condizioni di vita che li esponeva ai rischi climatici.
Diventando progressivamente più sedentario a partire dal Neolitico, l'Uomo vivrà i primi grandi cambiamenti alimentari della sua storia. Lo sviluppo dell'allevamento degli animali gli consentirà di continuare a mangiare carne (ma non proprio la stessa) e sviluppando l'agricoltura produrrà cereali (grano, segale, orzo…) e in seguito leguminacee (lenticchie, piselli…), e infine frutta e verdura.
Questa vera e propria rivoluzione dello stile di vita dei nostri antenati ebbe perciò delle conseguenze sulla salute innanzitutto. Il monofagismo che risultava dalle mono colture si rivelò essere una fonte importante di carenze, che si tradusse con una notevole diminuzione della speranza di vita delle popolazioni interessate. Inoltre l'agricoltura (anche se realizzata su terre alluvionali ricche e ben irrigate come in Egitto e in Mesopotamia) si rivelò molto più faticosa in termini di sforzi fisici rispetto alla braccata e alla caccia della selvaggina del mesolitico, ma anche degli animali di grosse dimensioni del paleolitico superiore.

Cibo e religione

Il modo di mangiare e ciò che si mangia non sono elementi casuali o marginali nella vita, ma rivestono una grande importanza anche per il benessere. Il rapporto che le persone instaurano col cibo è complesso e legato a fattori diversi: è senza dubbio un fatto culturale poiché il modo di pensare il cibo è mediato culturalmente dall’ambiente e dalla società in cui si vive. Tra gli elementi culturali che influenzano il modo di alimentarsi c’è anche la religione. Solo per fare un esempio, nel Medioevo l’atto del mangiare era impregnato di contenuti religiosi: i cristiani, quando bevevano, lo facevano assumendo cinque sorsi, uno per ogni piaga di Gesù.
In tutte le religioni il cibo non è solo un elemento naturale e materiale ma è considerato un dono di Dio o degli Dei, e l’atto di alimentarsi diventa, per questo motivo, un atto sacro, anche di ringraziamento all’Entità superiore che l’ha donato all’uomo per assicurarne la sopravvivenza.
Per quanto riguarda la religione ebraica, per esempio, vengono considerati animali puri i quadrupedi ruminanti, con l'unghia spaccata (bovini, ovini, caprini) e sono proibiti i volatili rapaci e notturni. Un'altra norma importante è quella di non cibarsi del sangue degli animali, in quanto esso è il simbolo della vita. Ecco perché, per prima cosa, l'animale deve essere ucciso con un sistema speciale atto non solo a non farlo soffrire, ma anche a eliminare più sangue possibile. Vietato è anche cibarsi di carne e latte (o latticini) insieme. Dopo la carne, devono passare almeno sei ore prima di mangiare dei latticini; dopo i latticini prima di mangiare la carne bisogna lavarsi bene la bocca. Bisogna avere recipienti e stoviglie separate per cibi di carne e di latte. Nella religione cristiana, a differenza di quella ebraica e islamica, non esistono regole o tabù alimentari se non quelli legati alla moderazione e a evitare gli eccessi e i peccati di gola. Nella Chiesa cattolica fa eccezione a questa regola generale il divieto di consumare carne nel venerdì santo insieme all’obbligo del digiuno in alcune circostanze particolari come il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo. 

L’alimentazione dello sportivo.

Una corretta alimentazione è la base necessaria per chi vuole praticare un’attività fisica. Durante i periodi di allenamento e le fasi di intenso agonismo è essenziale seguire delle abitudini alimentari studiate sul tipo di attività sportiva, che aiutino a rifornire l’organismo della giusta quantità di carburante e di energia da spendere. 
In generale, a qualsiasi livello l’attività venga praticata, il modo di alimentarsi risulta fondamentale per una buona riuscita della performance sportiva (e per garantire la salute di chi la pratica). Per questo una corretta educazione alimentare deve iniziare fin dai primi anni di età e diventare una costante nella vita dei giovani sportivi. Non a caso la figura del medico nutrizionista è diventata un riferimento indispensabile nelle società sportive; il suo compito è quello di seguire i ragazzi sin dall’inizio della stagione agonistica correggendo gli errori più comuni che vengono commessi a tavola. Fin dall’inizio della programmazione dell’attività sportiva il medico nutrizionista collabora con allenatori e preparatori atletici verificando lo stato di salute generale della squadra e rilevando le caratteristiche salienti di ogni sportivo.

Numerose ed autorevoli indagini hanno rilevato quali sono i comportamenti sbagliati tenuti a tavola dai ragazzi: si assumono troppi grassi, troppi zuccheri semplici e poche fibre. Il compito del nutrizionista quindi è quello di promuovere alcuni rimedi come consumare alimenti più magri (carni bianche, verdure e pesce), ridurre l’assimilazione di zuccheri semplici (il saccarosio) e di bevande che li contengono ed aumentare le quantità di fibre (verdure, frutta e cereali integrali) che forniscono le vitamine e i minerali necessari all’organismo e migliorano il funzionamento dell’intestino. Una buona e salutare attività fisica, insomma, inizia dalla scelta degli alimenti giusti da consumare a tavola. 

Gli spot pubblicitari influenzano l’alimentazione

 A influire abbondantemente sulle scelte alimentari di bambini e ragazzi è la continua pubblicità di prodotti zuccherati e ricchi in grassi, alla quale sono continuamente sottoposti, soprattutto durante le ore di fascia protetta. È stato calcolato che un bambino italiano assiste in media ogni cinque minuti a una pubblicità riguardante il cibo, questo ha la capacità di influenzare decisamente le sue preferenze alimentari senza ancora aver provato a mangiare i cibi pubblicizzati.
Recenti studi hanno dimostrato come i bambini scelgono la loro merenda in base alla pubblicità alla quale erano stati sottoposti; inoltre, scarsa è l’influenza dei genitori.
Queste pubblicità, che associano il tono dell’umore al consumo di specifici alimenti, possono creare in modo indiretto una dipendenza da questi cibi e pongono le basi per l’insorgenza dei disturbi alimentari, soprattutto per le fasce più deboli. 
Seguire un’alimentazione che si basa esclusivamente su prodotti pubblicizzati in tv, comporterebbe adottare uno stile alimentare che non rispecchia, nemmeno in minima parte, le linee guida della piramide alimentare. In questo tipo di alimentazione il consumo di frutta e verdura non coprirebbe nemmeno il 50% dei nostri fabbisogni minimi. Che senso ha a questo punto continuare a parlare di obesità e prevenzione, se siamo continuamente bombardati da messaggi pubblicitari che si contrappongono alle corrette abitudini alimentari.
Bisogna però ricordare che le pubblicità non influenzano negativamente solo i bambini, ma anche gli stessi adulti.


Moccia Federica
Leva Federica
Bifulco Salvatore
Ferrara Francesco
Settembre Giovanni

Prof.ssa Michela Buonagura 

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