Citazione

L'insegnamento non può fermarsi alle ore di lezioni in classe.

Compito del docente è quello di accompagnare gli allievi nella formazione della persona e ciò può essere possibile solo in un tempo dilatato, per un'educazione permanente (C.C.E., 2001).

Il concetto di educazione permanente indica che si apprende in differenti contesti formali, informali, e non formali: non solo a scuola, ma anche nella rete web.

venerdì 8 aprile 2016

TACITA MUTA E LA CONDIZIONE DELLA DONNA NELLA STORIA





“Silenzio, le donne dovevano stare zitte”.

Ad avvalere il detto sofocleo c’è una dea, una divinità romana, una creatura infera, onorata il 21 febbraio: Tacita Muta
Era una ninfa, una naiade, figlia del fiume Almone; il suo nome originario era Lara, Lala o Larunda, che aveva le radici del verbo greco “laleo” (parlo). 
Quindi, una volta parlava, ma piuttosto a sproposito! 
Un giorno ebbe l’imprudenza di rivelare il suo segreto alla sorella Giuturna, in altre parole l’amore che Giove nutriva per quest’ultima e gli invani tentativi di seduzione del Dio. 
Giove, infuriato per questa indiscrezione, la punì strappandole la lingua. Dopo averla ridotta al silenzio, ingiunse a Mercurio di accompagnarla fino al regno dei morti. Durante il viaggio, questi la violentò, sicchè la ninfa concepì e partorì due gemelli, i Lari, le divinità che vegliavano sui confini e proteggevano la città.
Lara, secondo questo mito, venne venerata sia come dea del silenzio che come madre dei Lari. 
Ogni anno si celebrava in suo onore la festa del silenzio con un rito che consisteva nel sistemare con tre dita tre grani d’incenso in un buco di topo, sotto la porta. Inoltre si legavano dei fili incantati ad un fuso, tenendo in bocca sette fave. 
Tra l’altro si cospargeva di pepe una testa di menola (un piccolo pesce, un animale muto per eccellenza), lo si metteva ad arrostire e, dopo averla irrorata di vino, si beveva quello che era rimasto.
Tale rito propiziatorio, secondo gli antichi romani, allontanava le maldicenze. Probabilmente veniva anche adorata presso il tempio di Vesta, dove la pendice del Palatino trapassava nel Velabro al termine della Via Nova. 
Se si considera Tacita Muta come donna esemplare che rispetti il silenzio, se ne apprezzano le caratteristiche sia nel mondo romano che nel mondo biblico. 
Come enuncia anche la lettera di S. Paolo a Timoteo, la donna doveva imparare il silenzio con tutta sottomissione. 
Non si doveva concedere a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo… perché prima è stato formato Adamo e poi Eva. 
Il ruolo della donna nella Roma Antica era ben definito: moglie e madre
Il suo universo era quello, chiuso e privato, della casa. “Lanifica, pia, pudica, frugi, casta, domiseda”: queste le doti di una donna in un’iscrizione romana. Aggiungendone altre due, silenziosa e prolifica, si otteneva la perfetta matrona, che tra l’altro era sottomessa al marito o al padre, e in assenza di questi ad un tutore. 
In una famiglia patriarcale come quella romana il dovere principale della donna era procreare, per il bene dello Stato. 
Molti mariti, nel loro testamento, lasciavano una dote alla moglie solo ad una condizione: una volta rimasta vedova doveva risposarsi e fare altri figli. 
Una donna prolifica era un bene pubblico, cosicché poteva succedere che “se un marito romano aveva un numero sufficiente di figli, un altro che non ne aveva poteva convincerlo a lasciargli sua moglie consegnandola a tutti gli effetti, o solo per una stagione”(citazione di Plutarco). 
E poteva anche succedere che il marito “cedeva” sua moglie anche se era incinta. 
La donna doveva essere fedele ad ogni suo eventuale marito. 
Esempio assoluto è la matrona Porzia, moglie di Bruto, la quale alla morte del marito si uccise ingoiando carboni ardenti. 
La legge, infatti, consentiva agli uomini di uccidere le proprie mogli in caso di tradimento. In questo campo citiamo Lucrezia
Un giorno, Tarquinio Sesto andò da lei per supplicarla di diventare la sua amante, ma Lucrezia lo respinse. Allora egli la ricattò dicendole che se non avesse ceduto, l’avrebbe uccisa e poi avrebbe depositato il suo corpo accanto a quello di uno schiavo, nudo, facendo si che tutti pensassero che era stata uccisa “in vergognoso adulterio”. Data la situazione, Lucrezia cedette, non per paura della morte ma per disonore, e alla fine si suicidò. Dopo questo episodio, il re Tarquinio il Superbo fu esiliato dagli aristocratici e a Roma fu proclamata la Repubblica nel 509 a.C.
Dopo aver parlato della condizione della donna romana, una donna maltrattata e considerata un oggetto, è indispensabile ricordare che all’inizio dei tempi c’era la donna, il genere femminile. 
Infatti, i primi miti venerati dall’umanità erano dedicati alla realtà femminile. 
Facendo un salto indietro nel tempo, incontreremo già in era preistorica delle statuette di pietra, le Veneri, raffiguranti donne gravide e prosperose. I fianchi larghi e i seni grossi erano simbolo di fecondità ed era un buon augurio per la continuazione della specie, o semplicemente della tribù.
Tuttavia oggi noi siamo totalmente abituati all’idea di un Dio di genere maschile da dimenticare che all’origine dell’umanità c’è il femminile.
Anche per gli Etruschi il principio creatore è la Madre Terra, la quale assume nomi diversi. Uni è la dea creatrice per eccellenza (la Giunone dei Romani); la dea vergine Menerva (Minerva per i Romani) è patrona del sapere e delle arti; la dea dell’amore, la Venere dei Romani, è Turan, colei che comanda i cuori. Aprendo una piccola parentesi vorremmo far notare che dal termine “Turan” deriva “tiranno”, colui che comanda.
C’è poi una grande famiglia di spiriti femminili alati: sono le Lase, creature semidivine, che sono immateriali, ma partecipano attivamente alle vicende terrene.
Thana è la dea della luce lunare. 
Una leggenda narra che una fanciulla, pura e indifesa, assalita da un bruto, abbia invocato l’aiuto della luce lunare, i cui raggi abbiano spaventato e messo in fuga il malintenzionato. La luna ha poi permesso a Thana di diventare Dea della Luna e regina di tutti gli incantesimi.
Al termine “Thana” è legato anche il latino Diana e Thanaquil
Quest’ultima, erede di una famiglia aristocratica, è la moglie di Tarquinio Prisco, primo re di Roma di origine etrusca; esperta in prodigi e divinazioni, annuncia al marito che diventerà re, dopo aver osservato un’aquila portar via e poi riportare il suo copricapo.
Infine altra divinità femminile è Urcla, la dea dell’acqua; essa ha più di un nome, tra cui Voltumna.
A conclusione, è importante rilevare che, dopo le numerose lotte delle donne per affermare i propri diritti e perseguire l’uguaglianza prima e la parità tra uomini e donne poi, oggi possiamo dichiarare che viviamo in un Paese più egalitario in cui la Costituzione sancisce particolari diritti rilevanti alla condizione sociale della donna.

Per esempio, l’Art.3 afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali
l’Art.21, invece, sostiene che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Considerando tutto ciò, le donne devono dire grazie a se stesse e noi dobbiamo prendere atto del grande contributo che hanno dato alla storia, per convenzione, dell’uomo.

Squillacioti Francesco
Razzano Nicola
Addeo Antonio
Boccardo Luigi
Nunziata Nicola

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