“Il treno ha fischiato” è una novella pubblicata nella raccolta “Novelle per un anno” pubblicata nel 1914. Il protagonista della vicenda è Belluca, un ragioniere che lavora da anni fedelmente e diligentemente all’interno del suo ufficio, tanto da essere paragonato ad un mulo o ad un somaro, con tanto di paraocchi poiché tale personaggio si è ormai costruito un microcosmo proprio, astratto, lontano dalla concretezza della vita, che lui sembra non conoscere. L’unica cosa che conosce e che incontra nella sua quotidianità sono i conti. Se infatti in ufficio si imbatte soltanto in numeri, tabelle e schemi; una volta tornato a casa non riesce a liberarsi dal ‘fare i conti’ con la altrettanto difficile situazione familiare che lo vede protagonista: egli vive insieme a sua moglie, sua suocera e la di lei sorella. Entrambe le anziane signore sono vedove, ma hanno rispettivamente tre e quattro figli i quali portano a dodici il numero delle persone che vivono sotto il tetto del signor Belluca. Dovendo sfamare così tante bocche, dunque, il povero protagonista della storia è spesso costretto a compiere turni di lavoro straordinari di notte. Ciò ovviamente non fa altro che aumentare il peso della chiusura mentale e sociale del computista che, ormai “circoscritto” nella sua ridondante routine, crede che quella vita grigia e monotona fatta di isolamento fra i calcoli ed i numeri del suo ufficio sia la normalità perciò egli debba ormai accettarla così com’è.
Tutta la vicenda è narrata dal vicino di
casa, che può essere facilmente identificato come una personificazione
dell’autore stesso dato che il narratore in questione è onnisciente. La
narrazione avviene a ritroso dal momento in cui si parte dalla sequenza
dialogica che vede i colleghi del protagonista interrogarsi sulle condizioni di
quest’ultimo e sulle cause delle sue recenti azioni la mattina in cui il signor Belluca viene portato
in un ospedale psichiatrico; si continua parlando della giornata precedente (prima della sera e poi della mattina) in cui il protagonista per la prima volta
arriva con mezz’ora di ritardo al lavoro e si mostra insubordinato al
capufficio ribellandosi per la prima volta agli ordini assegnati dal superiore;
si conclude parlando della sera ancora precedente, in cui il protagonista,
avendo udito il suono del fischio di un treno, è riuscito ad evadere, anche se
solo con il pensiero, dalla sua bolla immaginando viaggi fantastici nelle più
remote zone del globo.
Andando a ritroso, dunque, si giunge alla
conclusione che la causa della follia del protagonista è il fischio di un treno
in lontananza, un elemento apparentemente così banale ed insignificante. In
realtà il suddetto suono è di fondamentale importanza nella vita del
protagonista poiché riesce ad evocare la profondità dell’io di Belluca,
rivelando i suoi più sinceri sentimenti. Quella trattata da Pirandello è una
tematica spesso presente nella letteratura del ‘900 grazie alla diffusione della
teoria della psicoanalisi del filosofo Freud, di cui il suo collega Nietzsche
può essere considerato un precursore a causa della sua idea a riguardo dello
spirito dionisiaco, insito nell’essere umano. Il filosofo tedesco riteneva che
l’intellettualismo etico socratico, preso da molti come un modello di virtù,
non fosse valido poiché l’uomo, per sua natura animale, non è capace di
affrontare ogni vicenda della propria esistenza seguendo la voce della propria
ragione ( come invece sosteneva Socrate). In breve nell’animo umano ad uno
spirito Apollineo che persegue la razionalità si contrappone uno spirito
dionisiaco che persegue gli istinti, gli impulsi interni.
La teoria di Nietzsche si sposa perfettamente
con la vicenda del ragionier Belluca poiché il fischio del treno, di cui si
parla già nel titolo, risuona ininterrottamente all’interno della sua testa
come un campanellino. Ciò piuttosto che scatenare la sua follia, come ritengono
i suoi colleghi, riesce a far emergere il vero Belluca, quello che, stufo della
monotonia dell’ordinario, finalmente si toglie i paraocchi e riesce a scoprire
un mondo nuovo e meraviglioso. Continuando a pensare a quel treno in lontananza
egli riflette su tutto quello che si è perso e che ancora si sta perdendo della
vita e viaggiando con la fantasia da est a ovest, da nord a sud, dal Congo alla
Siberia, realizza che qualsiasi luogo nel mondo sarebbe migliore di casa sua perché lo terrebbe lontano dalla
sua attuale e misera condizione esistenziale.
Tutti però vedono il protagonista come un
folle, o meglio tutti tranne il suo vicino di casa. Il narratore, infatti,
avendo seguito la vicenda dall’inizio e conoscendo da tempo il ragioniere,
comprende che quell’esplosione improvvisa non è un segno di pazzia, ma anzi
rappresenta l’ottenuta consapevolezza della propria triste e frustrata
condizione umana, di fronte alla quale è necessario attuare una ribellione.
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