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giovedì 21 maggio 2020

OVIDIO, ARIANNA A TESEO


“Arianna a Teseo” è il componimento X della raccolta “Heroides”, una raccolta di lettere d’amore fittizie scritte dalle eroine ad i loro eroi: un punto di vista sull’amore completamente diverso e del tutto femminile, innovativo per il tempo, che ispirò una serie di racconti al femminile nei secoli successivi, come l’ “Elegia di Madonna Fiammetta” di Boccaccio.
Questa decima lettera è scritta dal punto di vista di Arianna e si presenta come un monologo, la donna racconta di come è stata abbandonata da Teseo sull’Isola di Nasso, dopo che quest’ultimo l’aveva portata lontana dalla sua patria, Creta, giurandole amore eterno.
I due personaggi sono tratti dalla vicenda mitologica di Teseo ed il Minotauro, descritta già minuziosamente da Catullo nel carme 64 (da cui Ovidio trae ispirazione) e che qui rimane solo marginale, rievocata con dei cenni ai versi 71-75. 

Jean_Baptiste_Regnault (XVIII-XIX sec.), Arianna consegna a Teseo Spada e Filo, olio su tela
 
Qui Ovidio si concentra principalmente sul momento dell’abbandono.
Al centro del racconto vi è la psicologia della donna, abbandonata dall’uomo che amava, tradita e contemporaneamente traditrice.
Ovidio, infatti, sviluppa il tema della fides, già centrale nelle opere dei suoi predecessori e in particolare in Catullo, che narrava della fides tradita da Lesbia.                                                                              
La fides era un valore di fondamentale importanza nell’etica romana, era la lealtà alla base dei rapporti privati e pubblici, della convivenza civile e corrispondeva al rispetto delle promesse.                                                   
Nella descrizione dell’abbandono, Arianna è sia tradita che traditrice perché, seppure la sua fides sia stata tradita da Teseo, che non aveva mantenuto la sua promessa d’amore eterno e l’aveva abbandonata durante la notte; anche la stessa donna aveva tradito la fides della sua famiglia e della sua patria, scappando con l’uomo che aveva ucciso suo fratello. In questo modo la donna si era resa esule, separata dalla sua patria e abbandonata da colui che doveva procurargliene una nuova, senza la possibilità di tornare a Creta a causa del suo mancato rispetto nei confronti di suo padre e senza neanche poter raggiungere la meta del suo viaggio: la donna si trova cristallizzata in uno stato di impotenza, di passività, di isolamento senza alternative, che trova espressione nella metafora del luogo deserto, circondato dal mare.
Il tema dell’abbandono della patria e dell’esilio è diventato un tema centrale della poesia nei secoli successivi, a partire da Ugo Foscolo e dal suo addio alla patria, Zante, che egli ricorda con nostalgia e a cui dedica il componimento “A Zacinto”. Anche il poeta, come Arianna in questa lettera X, si trova in uno stato di impotenza e sa di non poter tornare nella sua terra, e che morirà in esilio, senza poter ricevere una commemorazione funebre adeguata e senza poter tornare tra le braccia della madre affranta.
Nell’introduzione della lettera, Arianna racconta il momento del suo risveglio quando, ancora assonnata ma già cosciente delle sue azioni, aveva allungato le braccia per cercare Teseo nel letto, senza trovarlo al suo fianco. Incredula ed impaurita aveva tentato di alzarsi, per poi ricadere nuovamente sul letto: la realizzazione di ciò che era accaduto le fece strappare i capelli, già scompigliati per il sonno.

 
Herbert James Draper, Ariadne, 1905

Infine si alzò per guardare fuori, c’era ancora la luna ma ormai aveva perso il sonno e non poteva riaddormentarsi; allungò lo sguardo verso la spiaggia senza riuscire a scorgere nulla, così cominciò a correre ovunque e a gridare il nome dell’eroe per la disperazione, ma i suoi passi leggeri erano rallentati dalla sabbia e la sua voce riecheggiava nelle rupi concave, senza risposta. Salì su uno scoglio corroso dalle onde del mare per avere una visuale migliore sul mare e rimase impietrita, fredda, quasi morta: vide, o credette di aver visto (forse ancora in stato di shock) le vele della nave di Teseo allontanarsi dalla costa. In quel momento si rese conto di essere stata abbandonata e cominciò a pensare a cosa avrebbe potuto fare da sola, dove sarebbe potuta andare, se sarebbe rimasta per sempre su quell’isola senza vita. Alla fine della lettera maledice Teseo, affermando che avrebbe preferito che egli l’avesse uccisa con la stessa clava con cui aveva ucciso suo fratello, così che la sua fedeltà fosse sciolta dalla morte.
Elena Gaia Colacurcio

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